Descrizione
Siamo negli anni Sessanta: Mario Benincà restituisce con le poesie raccolte in Beat Land le prime impressioni alla vita di un adolescente alle fine del decennio degli anni Sessanta.
Dalla postfazione Una dimensione di lucida follia, di Albachiara
Queste le sue poesie. Accettano il rischio, non hanno barriere, cambiano i concetti, danno vita a volti e immagini di una dimensione parallela non per questo inesistente. Mario è come ammirare una scultura, ascoltare una musica dal vivo vibrante.
Mario crede e s’identifica nelle sue opere come fossero scarpe, passi che a mano a mano nel tempo chiariscono l’importanza della sua assenza.
Poliedrico ed eclettico, musicante della poesia sa riconoscere il maschile e il femminile che ogni uomo ha dentro sé stesso, prestandovi attenzione e liberando in chiave simbolica questa coppia disordinata e benedetta dalla sua ottica intima di contatto.
Dalla prefazione Il diritto di esprimersi in poesia, di Julian Adda
La Beat Generation americana aveva lanciato il suo urlo agli inizi degli anni Cinquanta; lo aveva descritto in più romanzi (uno per tutti, Sulla strada), e l’onda lunga era arrivata in Europa una decina di anni dopo, per frangersi contro la fine del decennio.
Lo aveva letto, quel libro, un ragazzino a metà degli anni Sessanta? Forse no, forse sì, e se non lo aveva letto lui, lo avevano sicuramente fatto i fratelli maggiori. Ma è davvero così importante? Lo è sicuramente di più comprendere che quello era lo spirito del tempo, e quindi anche di quell’aria padovana respirata dal quindicenne Mario: era l’onda che quell’adolescenza cavalcava.
Ci sono parole nelle sue poesie che rivelano quei riferimenti culturali: visioni che sono psichedeliche, situazioni che sono ai margini, momenti che sono ribelli. In questo sta l’essere nipoti, o forse anche bisnipoti. Qualcuno ha veramente viaggiato come un hobo, nei carri merci, quindici anni prima; e di quei viaggi Mario recupera una sorta di visione onirica, non avendo mai vissuto quell’esperienza in prima persona. Tra la pianura padana della metà degli anni Sessanta e l’America delle grandi pianure della fine dei Quaranta c’è uno scarto non da poco (e questo l’aveva già sottolineato Guccini a suo tempo); ma noi qui siamo, in questo territorio, in questo momento di cambiamento, in questa società che si sta trasformando.
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