Beat Land

12,90 

IL LIBRO

La poesia di Mario Benincà è testimonianza del sentire e dell’esprimersi di una di quelle prime generazioni che si sono riconosciute nel concetto di adolescenza. Il suo vivere la propria trasformazione legata all’età si sovrappone così ai grandi cambiamenti che nel periodo tra la metà degli anni Sessanta e la fine del decennio successivo hanno segnato la società. Anche la sua espressione scritta rispecchia la rottura di schemi e tradizioni, caratterizzata com’è dall’abbandono al flusso di coscienza e dall’uso istintivo del verso libero. L’urlo del giovane Mario, la cui eco si riflette poi nelle composizioni adulte, fa balenare un altro mondo possibile, anche se spesso quest’altro mondo possibile rimane sullo sfondo, schiacciato dalla quotidianità di questo più strutturato.

L’AUTORE

Mario Benincà

COD: 9788898703340 Categoria: Tag: ,

Descrizione

Siamo negli anni Sessanta: Mario Benincà restituisce con le poesie raccolte in Beat Land le prime impressioni alla vita di un adolescente alle fine del decennio degli anni Sessanta.

Dalla postfazione Una dimensione di lucida follia, di Albachiara

Queste le sue poesie. Accettano il rischio, non hanno barriere, cambiano i concetti, danno vita a volti e immagini di una dimensione parallela non per questo inesistente. Mario è come ammirare una scultura, ascoltare una musica dal vivo vibrante.
Mario crede e s’identifica nelle sue opere come fossero scarpe, passi che a mano a mano nel tempo chiariscono l’importanza della sua assenza.
Poliedrico ed eclettico, musicante della poesia sa riconoscere il maschile e il femminile che ogni uomo ha dentro sé stesso, prestandovi attenzione e liberando in chiave simbolica questa coppia disordinata e benedetta dalla sua ottica intima di contatto.

Dalla prefazione Il diritto di esprimersi in poesia, di Julian Adda

La Beat Generation americana aveva lanciato il suo urlo agli inizi degli anni Cinquanta; lo aveva descritto in più romanzi (uno per tutti, Sulla strada), e l’onda lunga era arrivata in Europa una decina di anni dopo, per frangersi contro la fine del decennio.

Lo aveva letto, quel libro, un ragazzino a metà degli anni Sessanta? Forse no, forse sì, e se non lo aveva letto lui, lo avevano sicuramente fatto i fratelli maggiori. Ma è davvero così importante? Lo è sicuramente di più comprendere che quello era lo spirito del tempo, e quindi anche di quell’aria padovana respirata dal quindicenne Mario: era l’onda che quell’adolescenza cavalcava.

Ci sono parole nelle sue poesie che rivelano quei riferimenti culturali: visioni che sono psichedeliche, situazioni che sono ai margini, momenti che sono ribelli. In questo sta l’essere nipoti, o forse anche bisnipoti. Qualcuno ha veramente viaggiato come un hobo, nei carri merci, quindici anni prima; e di quei viaggi Mario recupera una sorta di visione onirica, non avendo mai vissuto quell’esperienza in prima persona. Tra la pianura padana della metà degli anni Sessanta e l’America delle grandi pianure della fine dei Quaranta c’è uno scarto non da poco (e questo l’aveva già sottolineato Guccini a suo tempo); ma noi qui siamo, in questo territorio, in questo momento di cambiamento, in questa società che si sta trasformando.

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